L'errore

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Adriana Lepri
Pubblicato il: 01.09.2022 00:23
Aggiornato il: 01.09.2022 00:23
Categoria: Fantasy
Tag / Parole chiave: Mauritania, magia, schiavitù
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Testo

L’ERRORE Era un martedì sera nella norma, giacevo già nel letto aspettando di addormentarmi, pensando con un moderato grado di sofferenza alla noia che avrei dovuto provare fino a venerdì, quando finalmente sarei potuta scappare in qualche località sul fiume sconosciuta e sparire dal mondo fino a domenica sera. Non riuscendo a prendere sonno decido di alzarmi e di passeggiare nei boschi che circondano la mia casa. Indossai gli zoccoli, il cardigan e iniziai a camminare solcando dei sentieri già noti. Quel giorno era novilunio, v'era poca luce per illuminare il selciato, quindi procedevo più lentamente del solito. L'inusuale lentezza del mio passo e la scarsità di luce mi portarono a focalizzare la maggior parte delle mie attenzioni sull'ambiente circostante. Con la coda dell’occhio notai qualcosa di insolito: la mia attenzione venne catturata da delle piccole luci in movimento. Non potevano essere lucciole dato che l'equinozio d'autunno era già passato da una decina di giorni. Incuriosita, seguii le luci da cui avvertivo come delle flebili risatine. Se inizialmente il loro passo sembrava accomodante della mia maldestrità e dalla poca praticità dei miei abiti, esso divenne sempre più sostenuto, fino a quando la velocità le fece scomparire. Continuai a camminare ancora per qualche dozzina di metri ed arrivai ad uno spiazzo erboso di forma circolare. Mi stesi sul prato per guardare gli astri e prima che potessi accorgermene stavo già dormendo. Dopo circa mezz'ora di sonno, avvertii in maniera confusa uno strano tepore sul volto, poi una forte luce bianca. Cercai di aprire gli occhi invano, la luce era diventata accecante e l'erba sotto le mani mi sembrava ruvida e secca al tatto In preda al panico e alla confusione, iniziai a cercare dei riferimenti grazie all'utilizzo del tatto e del suono, finché la luce non iniziò ad affievolirsi. Quando aprii gli occhi mi trovai davanti a me un ambiente quasi diametralmente opposto a quello che avevo lasciato. Una cittadina faceva capolino fra infinite dune di calda sabbia e la luna nuova illuminava sicura lo scenario desertico. D'un tratto apparvero davanti ai miei occhi quelle che io avevo identificato al meglio come lucciole fuori stagione. Scrutando attentamente le vivaci bestiole, notai che avevano fattezze umanoidi. Incredula, le fissai per qualche istante fino a quando questi piccoli esseri mi invitarono a seguirli. Decisi di accettare il loro invito. Iniziarono a muoversi in direzione della cittadina. Una volta arrivata ai suoi confini iniziai ad osservare l’ambiente. Le strade erano sterrate e le case parevano fatte di mattoni di terracotta, ricoperti da uno strato di fango e sabbia. I curiosi esserini non accennavano a rallentare e mantenevano una velocità tale da costringermi ad una corsa impegnativa. Cambiando stradine e vicoli, dopo una decina di minuti, arrivammo a questa piccola casettina. Le lucette presero le scale esterne che correvano sul muro dell’abitazione, io esitando un attimo decisi di seguirle. Gli scalini portavano alla terrazza di questa casa. Da qui potevo entrare nell'appartamento tramite una botola. Decisi quindi di scendere da essa, arrivai in questo soggiorno dove tutto era in disordine: i mobili in legno sembravano vecchi, v’erano scaffali pieni di piante desertiche, libri aperti fogli sparsi in ogni angolo, ampolle contenenti liquidi misteriosi. A fianco di una disordinata libreria notai una porticina. Decisi di aprirla per proseguire la mia esplorazione. dopo aver aperto la porta accesi la luce e vidi una giovane ragazzina medicarsi vicino al lavandino. Indossava una lunga tunica priva di struttura che le arrivava fin sotto le caviglie, dei monili dalla forma insolita e un turbante sul capo. Lei sentì il rumore della porta e guardò verso di me. Il suo sguardo non era quello di una persona a cui è entrata in casa un estraneo bensì sembrava quasi mi attendesse. Disse qualcosa velocemente nella sua lingua per poi passare agilmente al francese. Osservandola riconobbi i costumi utilizzati principalmente dalla cultura Mauri, ovvero un’etnia discendente dai berberi. Il suo viso sembrava riassumere perfettamente i loro tratti fenotipici più caratteristici. Risposi alle sue domande con un francese un po' stentato; le raccontai tutto ciò che mi era capitato nelle ultime tre ore. Lei ascoltò tettamente. Mi spiegò che era una maga, stava disperatamente cercando di localizzare e teletrasportare con la magia la sua famiglia, vittima dei trafficanti di esseri umani. Quindi mi spiegò che Mauritania la schiavitù è un problema ancora molto sentito e benchè sia stata legalmente abolita negli anni 60’, è un problema ancora molto diffuso. Si congedò. Mi spiegò che doveva continuare velocemente la ricerca dei suoi cari, io la abbracciai augurandole il meglio. Lei quindi iniziò a recitare un incantesimo in una lingua a me sconosciuta. Questa volta il bagliore e la sensazione di distacco dai propri sensi durò sensibilmente meno e quando riuscii ad aprire gli occhi mi ritrovai nello spiazzo circolare erboso. Mi incamminai verso casa mentre fissavo il cielo, pensando che, per ora, è l’unica cosa che collega lei e le persone a lei care.

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